USA PRONTI ALLA GUERRA ALL' IRAN TAIWAN E RESTO DEL MONDO 666 LIBERO DI CONTINUARE BIDEN E 11 SETTEMBRE

 

Pompeo toglie le restrizioni sulle armi USA a Taiwan

A pochi giorni dalla sua decadenza come segretario di Stato, Mike Pompeo ha messo fine alla politica “One China”,  revocando immediatamente le “restrizioni auto-imposte tra gli Stati Uniti e Taiwan”.

“One China” è una direttiva politica imposta dagli Stati Uniti dagli anni ’90 secondo cui Taiwan non è uno stato indipendente, parte di una “Unica Cina”. Ricordiamo: Taiwan è l’isola in cui riparò nel 1945 l’armata anticomunista del generale Chang Kai Shek sconfitto da Mao. Gli americani, allora, lo sostenevano: il Kuomintang era il “parito americani”, e il suo ideologo Sun Yatssen (pensatore notevole) imbevuto di cultura anglo-americana, cristiano congregazionalista.

Dal 1978 (dal presidente Carter) cominciarono a cambiare: Taiwan è parte dell’unico stato sovrano, la cui capitale è Pechino. Il motivo: benché sviluppatissima, Taiwan è un mercato piccolo e trascurabile (credevano gi americani) rispetto al colossale mercato della Cina continentale, che ancora non esisteva ma che , col suo miliardo di uomini, prometteva ai globalisti di diventare. Ovviamente gli americani chiusero l’ambasciata a Taipei e cessarono di armarla.

Taiwan fu obbligata nel ’92 a firmare il “1992 Consensus” che riconosceva quella di Pechino come legittima sovranità.

Il rovesciamento della politica è un ovvio atto di ostilità contro la Cina, come del resto si legge nella dichiarazione di Pompeo:

“Taiwan è una vivace democrazia e un partner affidabile degli Stati Uniti, eppure per diversi decenni il Dipartimento di Stato ha creato complesse restrizioni interne per regolare le interazioni dei nostri diplomatici, membri di servizio e altri funzionari con le loro controparti taiwanesi. Il governo degli Stati Uniti ha intrapreso queste azioni unilateralmente, nel tentativo di placare il regime comunista di Pechino. Non piu.!”

Fra le restrizioni cancellate è ovviamente la fornitura di armamenti pesanti a Taiwan; essi saranno ripresi (anzi sono ripresi già). Taiwan del resto si sente minacciata, non senza ragione, dall’espansionismo del regime di Pechino diventato superpotenza.

Scrive l’analista Hanke Rudolf:

La Cina ha assemblato unità forti nel Mar Cinese Meridionale, per una serie di manovre. Da giovedì, parti delle forze armate taiwanesi sono state in modalità di combattimento, presumibilmente anche per scopi di manovra. E proprio adesso gli USA, l’alleato più importante del Paese con 24 milioni di abitanti, è completamente centrato su di sé, anche se non è nemmeno chiaro se il presidente in carica sia effettivamente ancora al comando delle forze armate statunitensi ( e se no, chi allora?). C’è la possibilità che la Cina, che vede Taiwan non come uno stato sovrano ma come una provincia separatista, coglierà l’occasione per reintegrare lo stato insulare, che dista circa 130 chilometri dalla Cina continentale.

“la Cina sta attualmente effettuando tre manovre nel Mar Cinese Meridionale (DWN ne ha pubblicato un’analisi dettagliata la scorsa settimana ). L’Esercito popolare di liberazione (VBA) utilizza anche il gigantesco velivolo da trasporto Y20, in grado di trasportare enormi masse di persone e materiale bellico. Anche il missile ipersonico DF-17, come il South China Morning Postsegnalato oggi. Con un raggio di circa 2.500 chilometri, può raggiungere Taiwan e le truppe statunitensi in Giappone e Corea del Sud. Inoltre, la 72a armata dell’EPL – che, secondo gli esperti militari taiwanesi, sarebbe l’attore principale di un attacco all’isola – ha tenuto una manovra importante nella città di Hangzhou, che conta 6 milioni di abitanti, sulla costa orientale della Cina a metà dicembre . La pratica principale erano i combattimenti di strada e in casa, che le truppe cinesi avrebbero quasi certamente affrontato se Taiwan avesse invaso Taiwan.

Va anche notato che, secondo il governo di Taipei, gli aerei da combattimento cinesi sono penetrati nello spazio aereo taiwanese più spesso che mai nel 2020 , vale a dire 380 volte, cioè circa una volta al giorno.

Benché Taiwan abbia capacità militari ben al di sopra della media, ovviamente la repubblica insulare non potrebbe resistere a un attacco della seconda potenza militare più forte del mondo. Così qualche tempo fa ha iniziato a sviluppare un concetto di guerra asimmetrica . L’obiettivo: infliggere perdite di tale portata alle truppe cinesi attaccanti che Pechino si astiene dall’invasione.

Washington si è impegnata, tra le altre cose, a sostenere Taiwan con le armi – cosa che fa regolarmente, il valore delle forniture nel corso degli anni è stato di decine di miliardi di dollari. È stato solo nell’ottobre 2020 che l’amministrazione Trump si è impegnata a fornire varie armi – inclusi missili e pezzi di artiglieria – per un valore di 1,8 miliardi di dollari ai suoi alleati. Ciò che non esiste è una dichiarazione di impegno gli Stati Uniti a venire in aiuto della repubblica insulare in caso di attacco cinese”.

Ora Pompeo ha fatto quella dichiarazione.

Torna la Nuland. Guerra all’Iran più vicina?

Ovviamente ritornano:

“Biden riporta Victoria Nuland al Dipartimento di Stato americano”,  si allarma il tedesco Deutsche Wirtschafs Nachrichten

Victoria Nudelman (in arte Nuland) sposata Kagan (il marito, super-neocon, è stato il cofondatore del fatale Project for a New American Century  che nel 1999 progettò il successivo ventennio di guerre americane per Sion, la destabilizzazione dei regimi laici nel mondo islamico a cominciare da Saddam , e previde la necessità di una specie di “nuova Pearl Harbor”, che poi i suoi membri nel governo Bush jr – Rumsfeld, Cheney, Wolfowitz eccetera – avverarono l’11 Settembre 2001), insomma lei: quella che nell’inverno del 2014 ha destabilizzato l’Ucraina, finanziando con 5 miliardi di dollari (lo disse lei stessa al Congresso) le rivolte di piazza Maidan per staccare il paese dalla Federazione russa; che a Maidan andò personalmente a distribuire dolci ai manifestanti anti-russi; e pochi giorni dopo, cecchini spararono sia sulla folla sia sui poliziotti che la contenevano, trasformando deliberatamente la manifestazione in insurrezione: come appurò il grande nostro Gianni Micalessin, che addirittura intervistò i cecchini – georgiani addestrati in Polonia – che fecero 80 morti fra polizia e manifestanti.

A quel tempo la Nuland era la massima diplomatica statunitense per l’Europa, ambasciatore della NATO e portavoce del Dipartimento di Stato sotto Barack Obama. Quando l’ambasciatore USA a Kiev Geoffrey Pyatt, le aveva detto al telefono che nel progettato cambio di regime a Kiev sarebbe stato opportuno includere nella decisione l’Europa, la Nudelman (in arte Nulan) rispose: “Vaffanculo la UE!”. La telefonata fu intercettata dai russi che la diffusero.

Per questo l’intelligence germanica è alquanto allarmata di trovarsi questa furia neocon come “numero 3” al Dipartimento di Stato, appena sotto il nuovo segretario di Stato Anthony Blinken (ebreo come lei) e la numero 2 Wendy Sherman (sì, avete indovinato).

L’ex vicepresidente del BND (Bundesnachrichtendienst, lo spionaggio estero) , Rudolf Adam, ha rievocato quelle telefonate del 2014 intercettate a Mosca,e da Mosca fornite ai tedeschi: “Hanno discusso gli scenari di come gli sviluppi dovevano essere provocati. Parlavano come boss mafiosi che si stavano dividendo un nuovo mercato di spaccio in un retrobottega (…) diplomatici professionisti parlano di un altro paese come i governatori parlano di una provincia, di come avviavano il processo di formazione di un nuovo governo (a Kiev) – gli Stati Uniti non furono affatto un osservatore neutrale, ma contribuirono attraverso il supporto organizzativo, i consigli tattici e l’aiuto logistico a trasformare la manifestazione di Maidan nel movimento rivoluzionario che portò al rovesciamento di Yanukovich”, il presidente filorusso e al golpe di Kiev – a cui Putin dovette rispondere riprendendosi la Crimea, con la sua cruciale base navale, che la Nudelman voleva accaparrare alla NATO.

Questo ritorno prospetta una certezza: che gli Stati Uniti saranno trascinati a fare un’altra guerra. L’ultima per Sion. Ad “Amalek”, che ha subito infinite provocazioni esplosive, attentati israeliani a personalità di primo piano, ed è già pesantemente minacciato nel Golfo Persico da sottomarini israeliani e portaerei americane, e le cui forze armate stanno sventando disperatamente già un false flag dopo l’altro.

(Da segnalare in controtendenza una novità delle ultime ore : il nuovo capo del Pentagono scelto da Trump, Christopher C. Miller, ha ordinato alla portaerei Nimitz di venir via dal Golfo Persico: uno sforzo in extremis di ridurre l’escalation. La Nimitz nel Golfo era stata mandata all’estremo sacrificio? Vecchissima (varata nel ’72) e costosissima da smantellare – come le Twin Towers – , il suo affondamento, inevitabile nel Golfo, avrebbe offerto il casus belli e anche la soluzione più economica per lo smaltimento)

L’uomo messo a fare il ministro degli Esteri di Biden, Anthony Blinken, che comanda sulla Nudelman, è dipinto come un pragmatico che vorrebbe invece far rientrare Washington nell’accordo sulla limitazione del nucleare iraniano che Trump ha stracciato (su istigazione di Jared) e scongiurare il conflitto armato.

Certo, certo. “ Blinken era uno dei massimi consiglieri di Biden quando l’allora senatore votò per autorizzare l’invasione statunitense dell’Iraq e Blinken aiutò Biden a sviluppare una proposta per dividere l’Iraq in tre regioni separate basate sull’identità etnica e religiosa, riporta The Daily Beast “: lo scrive il Deutrsche Wirtschaft Nachrichten. Inoltre, “in qualità di vice consigliere per la sicurezza nazionale, Blinken ha sostenuto l’intervento militare in Libia nel 2011 e nel 2018 ha contribuito a fondare WestExec Advisors, una “società di consulenza strategica” che mantiene segreti i suoi clienti. Jonathan Guyer scrive su American Prospect: “Ho appreso che Blinken e Flournoy hanno utilizzato le loro reti per costruire un’ampia base di clienti all’intersezione tra tecnologia e difesa”.

Dunque guerra sarà. Forse prima di quanto pensiamo. Speriamo solo che resti confinata nel Golfo e non coinvolga l’Europa, cosa tutt’altro che certa. Anche nel caso migliore, c’è da aspettarsi che manchino carburante e combustibile, gas e petrolio diventino cari e rari, e si vada al razionamento di questi beni esteri che importiamo.

Piano programmato dagli Estremisti Semocratici Biden 
COPRI FUOCO NEGLI USA IL SENATO INVASO DAI DIMOSTRANTI ANTI BIDEN - A FRANCOFORTE UN ATTO DI GUERRA GIA' COMPIUTO PER IL SOFTWARE FALSIFICA VOTI ANTI TRUMP SCONTRO ARMATO /  LA NULAN RITORNA CON BIDEN IL BRACCIO DESTRO DEI GOLPE E DELLE GUERRE DEL 666 DELLA LINEA OBAMA CLINTON BUSCH 11 SETTEMBRE L' IRAN PRIMA O POI SARA' ATTACCATO  ULTIMO BALUARDO ISLAMICO ANTI ISRAELIANO . GLI USA SONO LA BUSSOLA  MONDIALE DELLA GRANDE TRIBOLAZIONE QUELLA VERA. 
 

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Mistero, che è successo a Francoforte?

da danielecapezzone.wordpress.com

La Germania, e più precisamente Francoforte, teatro di uno scontro senza precedenti tra Forze speciali dell’esercito Usa e uomini della Cia nell’ambito di un sequestro di server e materiale informatico?

In altri tempi, si sarebbe detto che nemmeno la più audace delle storie di spionaggio sarebbe arrivata a tanto. E invece questo clamoroso scenario è stato descritto da Thomas McInerney, lieutenant general (figura equiparabile al generale di corpo d’armata) oggi in pensione, protagonista di una lunga carriera militare incluso il conflitto in Vietnam, poi commentatore tv (per anni a Fox News) sui temi della difesa, e infine sostenitore di Donald Trump sia nel 2016 che nel 2020.

McInerney ha rilasciato un’intervista telefonica al WVW Broadcasting Network, dichiarando che sue fonti gli hanno rivelato che uomini delle Forze speciali dell’esercito Usa, probabilmente appartenenti al corpo speciale Delta Force, avrebbero realizzato un raid presso una server farm gestita dalla Cia a Francoforte. “La cosa è avvenuta senza incidenti?”, gli ha chiesto l’intervistatore? “Mi risulta che non sia andata senza incidenti”, ha risposto il generale. “Ci sono stati soldati americani morti nell’operazione”. Altre fonti, riprendendo l’intervista, hanno scritto che cinque soldati sarebbero morti nel conflitto a fuoco, così come un paramilitare Cia.

Dopo di che, sempre secondo la testimonianza di McInerney, l’esame dei server (sequestrati e messi al sicuro) avrebbe rivelato tracce di intrusioni straniere.

Ora, è assolutamente prevedibile che i detrattori di Donald Trump diranno che si tratta di un’altra puntata dei fuochi d’artificio post elettorali del Presidente uscente (tuttora in carica, come sappiamo), e invocheranno elementi di prova. In ogni caso, comunque la si pensi sulla sua intervista, lo scenario descritto da McInerney è sensazionale, perché configura uno scontro in territorio straniero tra forze statunitensi.

E’ necessario fare un passo indietro per scoprire che Francoforte è stata oggetto di recenti e ripetute illazioni e citazioni. Tutto nasce dalle dichiarazioni di Sidney Powell, una delle legali della campagna Trump, che da molti giorni parla di una strumentazione telematica progettata con lo scopo esplicito di spostare voti da un candidato all’altro. Secondo la Powell, questo software elettorale può essere utilizzato anche a distanza, da altri paesi, per intervenire sulla tabulazione delle schede elettorali.

Gli occhi sono puntati sulla società Dominion Voting Systems, fondata in Canada, le cui apparecchiature e software sono utilizzati in oltre venti stati americani. Tra l’altro, a rendere la spy story ancora più complessa, la Powell ha evocato presunti rapporti di Dominion con la galassia che fa capo a George Soros. Per dovere di cronaca, va citata la reazione ufficiale di Dominion: in uno statement di risposta alla Powell, la società ha definito le accuse della legale “selvagge e sconsiderate” (“wild and reckless”).

E cosa c’entra Francoforte? Da giorni, circola la notizia di un sequestro di materiale informatico che sarebbe avvenuto proprio a Francoforte. Anche questa doppia circostanza (il sequestro e la stessa esistenza di server in Germania) è negata da Dominion. Secondo un’altra versione, il sequestro avrebbe riguardato la compagnia spagnola di software elettorale Scytl. Pure in questo caso, tuttavia, l’azienda spagnola (con sede a Barcellona) ha dichiarato di non aver subìto sequestri, di non avere uffici o software a Francoforte, e di non avere rapporti con il processo elettorale americano.

Ora arriva la testimonianza pubblica di McInerney che cambia ancora lo scenario, introducendo un inedito elemento di scontro tra forze tutte statunitensi, e riconducendo il presunto sequestro operato dalle Forze Speciali a una facility Cia, cioè a un impianto Cia.

La tesi del generale è che l’uso delle apparecchiature elettorali abbia aperto uno scenario da cyberguerra globale. McInerney ha concluso chiedendo piena trasparenza e ha aggiunto che i server mostreranno le falsificazioni e le manipolazioni.

Poco prima di McInerney, WVW Broadcasting Network ha pure intervistato il suo collega Michael Flynn, appena fatto oggetto del perdono presidenziale, e che pare stia assistendo Trump attraverso quella che viene definita una private intelligence operation. E anche Flynn ha sparato a zero, parlando “della più grande frode che il nostro paese abbia mai visto nella storia”. Flynn ha dichiarato di non avere dubbi sulla vittoria di Trump e ha aggiunto:

“Ciò che sta accadendo in questo paese non dovrebbe mai accadere. E nella mia mente non c’è dubbio che siamo a una prova del fuoco. Se non correggiamo ciò che sta accadendo entro le prossime due settimane, detesto pensare cosa potrebbe succedere dopo”.

E’ opportuno precisare e ribadire che l’onere della prova grava su chi muove le accuse, e quindi toccherà alla campagna Trump e ai suoi legali circostanziare queste ipotesi, che abbiamo riportato con doverosa completezza e con altrettanto doverosa cautela.

Possibile che giunga una pioggia di smentite; oppure possibile che i grandi media americani continuino a tenere bassa l’informazione su queste accuse, non ritenendole provate. Ma ora forse comprendiamo meglio come mai, trentasei ore fa, Trump in persona sia stato così duro e battagliero, in un colloquio telefonico con Fox News: “Sono state le elezioni più truccate mai viste, una frode assoluta.” Non è difficile prevedere che la battaglia sarà ancora rovente.

Sì, è stata una psy-op. E sì, non serve a niente scoprirlo.

Nell’attimo fatale in cui il poliziotto del Campidoglio sparava il colpo mortale contro la giovane ex soldatessa dell’Air Force Ashli Babbitt freddandola, c’era uno che ha ripreso l’agghiacciante scena, praticamente da dietro la vittime. Ma non era un simpatizzante per Trump, ma dell’opposto estremismo: si tratta di John Earle Sullivan, un fondatore di un movimento di estrema sinistra Insurgence Usa, già noto alla polizia perché nel luglio scorso era stato arrestato per violenza e minacce(con pistola) a gente di destra e a conducenti di bus a Povo, cittadina dello Utah, dove abita.


Cosa ci faceva a Washington e all’interno del Campidoglio mercoledì, un anti-trumpiano pregiudicato di sinistra estrema? Uno per di più residente nel lontanissimo Utah? Il che magari porrebbe la domanda: chi gli ha pagato viaggio, biglietto, e spese, visto che i manifestanti in Usa non hanno sindacati tipo CGIL che pagano il trasporto e pranzo al sacco a tutti quando vogliono riempire piazza del Popolo? No, in Usa, chi si muove per una manifestazione lo fa a sue spese, e accettando di perdere addirittura una o due giornate di paga; infatti i simpatizzanti per Donald erano arrivati lì con le loro auto, stracariche di amici e di provviste sacchi a pelo, per risparmiare l’albergo.

Domande che al cineasta non hanno fatto né la CNN né il Daily Mail quando l’hanno intervistato perché è divenuto famoso. E non solo: non hanno sottolineato la militanza di sinistra rivoluzionaria di Sullivan, né hanno insistito troppo a domandargli perché era lì fra i trumpiani proprio lui. Al Mail , Sullivan ha detto che “non era al Campidoglio come parte della protesta, ma non ha specificato cosa lo ha portato esattamente lì. E i giornalisti, pieni di tatto, non hanno insistito.

Sicché questo è uno dei grossi indizi che fanno sospettare a un false flag mediatico-politico, con l’irruzione dei manifestanti nel “tempio della democrazia” accuratamente pianificata e con infiltrati spediti e pagati per creare incidenti da attribuire ai militanti pro-Trump.

Tutto quel che riguarda Sullivan e il suo estremismo violento di destra e la sua fedina penale, è stato scoperto e diffuso sul web dai militanti di Trump, che hanno strillato giustamente “Media Blackhout!” Ma è forse una novità? I media sono stati tutti, con faziosità e un odio sbavante senza precedenti e professionalmente vergognosi, fino alla diffamazione e la calunnia, contro il vecchio dal ciuffo arancione.

https://twitter.com/lunastorta13/status/1347537113584185344

Detto questo, per i lettori appassionati aggiungo: la scoperta del probabile false flag o incidente provocato non conta nulla. Ha valore politico zero, se non si verificano due condizioni

  • se ad elevarla formalmente non è direttamente Donald Trump o i suoi avvocati;
  • Se non si dispone di media mainstream, queste informazioni non arrivano al pubblico, e restano confinate alla minoranza di militanti sul web., come pettegolezzo facilmente screditabile. Questi media hanno dimostrato di nascondere informazioni molto più gravi su Biden, il suo figlio ammanicato pagato in mazzette dai cinesi e da miliardari ucraini, sugli scandali e i delitti di cui gronda la famiglia Clinton, sulla parte di Obama nei brogli. Figurarsi se scavano sulla presenza del compagno Sullivan… Anzi, adesso stanno facendo vincere la tesi che tutte queste cose sono calunnie deliranti senza fondamento alcuno, nate dai negazionisti sovranisti malsani di QAnon, da identificare e perseguire.

Io dico che hanno ragione i media. Queste sono voci, se non diventano accuse formali della presidenza uscente. Trump è riuscito a strappare una disfatta epocale dalle fauci della vittoria.

Dall’accaduto possiamo ricavare alcune lezioni, se ci sarà un’altra occasione (di cui dubito: in politica il kairos non ritorna).

Trump che di fatto non ha governato – è stato bloccato dalla minaccia impeachment basata sull’accusa di essere una pedina di Putin – ha parlato (via tweet) in modo tale da radicalizzare il Nemico, che si è reso più forte e più deciso a liquidare per sempre ogni “populismo” onde garantirsi di non perdere mai più il potere – dato che ha non solo enormi interessi, ma ripugnanti scheletri in tutti gli armadi, storie che non devono assolutamente emergere.

E’ lo stesso errore commesso da Salvini in versione sovranista, e dai suoi benintenzionati esponenti alla Borghi che ingenuamente hanno provocato coi loro propositi verbali di uscita dall’euro, il terrore-odio della cosca di Bruxelles: è da quel momento che il potere “europeista” s’è arroccato, è diventato integralmente totalitario.

Ha eliminate tutte le voci non dico critiche, ma plurali, ha reso d’acciaio il pensiero unico ammesso; è allora che abbiamo subito “La destituzione dei popoli e la conversione delle loro assemblee in somministratori di prodotti politici confezionati altrove” – e d ha adottato quella ideologia “che addita nella frustrazione della volontà popolare l’unica virtù di governo” e ci dato e inchiodato per sempre, senza possibilità di cambiarlo, al governo “europeista” pd-5S, il peggiore concepibile per corruzione e disonestà, furbizia meridionale deteriore e incapacità e inumanità – cui ha affidato l’attuazione del Gran Reset e il saccheggio dei risparmi italiani .

Alla fine il populismo, ed ogni critica all’euro o, sta diventando un delitto come il “negazionismo della shoah” ; i Borghi hanno perso anche l’agibilità politica, e sono mal sopportati nel partito; Salvini fa finta di non conoscerli; i media gli hanno chiesto l’abiura del suo essere trumpiano e lui l’ha data, che problema c’è.

Trump tutto sommato sembra sia facendo lo stesso con la folla dei 50 mila sostenitori venuti a Washington per sostenerlo.

Del resto che fare? Se non si “possiedono” le Tv, non si vince mai. Si è sempre dalla parte del torto.

Passiamo oltre. Il direttore di Repubblica, super neocon, avverte:

Usa, Molinari: Biden darà filo da torcere a Putin

Dopo l’assalto a Capitol Hill, l’America appare più debole e c’è chi vorrebbe approfittarne. Dall’Iran alla Russia. “L’America ha perso il suo diritto di indicare il cammino e ancora di più di forzarlo sugli altri”, ha scritto il responsabile del comitato per gli affari esteri russo Konstantin Kosachev. Il direttore di Repubblica Maurizio Molinari, ospite di Sky Tg24 spiega però che il nuovo presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, sarà un temibile rivale per Putin

L’Air Force posiziona basi di droni-spia Reaper in Romania

L’Air Force ha reso noto di aver basato uno squadrone di droni MQ-9 Reaper e 90 piloti in Romania.

I Reaper (Razziatori) sono di stanza presso la 71a base aerea della base aerea di Campia Turzii: condurranno missioni di intelligence, sorveglianza e ricognizione.

“Il posizionamento avanzato e “pronto” dei nostri MQ-9 in questa posizione strategica chiave rassicura i nostri alleati e partner, inviando anche un messaggio ai nostri avversari, che possiamo rispondere rapidamente a qualsiasi minaccia emergente”, ha detto il comandante USAFE Gen. Jeff Harrigian .

Israele e India testano il sistema di difesa aerea MRSAM

Di: Seth J. Frantzman

GERUSALEMME – Israel Aerospace Industries e l’Organizzazione per la ricerca e lo sviluppo della difesa del governo indiano hanno condotto con successo un test del MRSAM, un sistema missilistico terra-aria a medio raggio.

Il sistema è stato sviluppato sulla scia di uno dei più grandi accordi di difesa nella storia di Israele. Nell’aprile 2017, IAI e India hanno firmato un contratto da 1,6 miliardi di dollari per il sistema MRSAM per le forze di terra indiane. Lo sviluppo ha coinvolto diverse società indiane come Bharat Electronics Limited, Larsen & Toubro e Bharat Dynamics Limited, nonché la Rafael Advanced Defense Systems israeliana.

Lo sforzo è una delle joint venture che sostiene la politica economica indiana “Make in India” per lo sviluppo della difesa, che ha visto diversi decenni di contratti con le compagnie israeliane per modernizzare l’esercito indiano.

“MRSAM Air and Missile Defense System è un sistema innovativo all’avanguardia, che ancora una volta ha dimostrato le sue capacità avanzate contro una varietà di minacce”, ha affermato Boaz Levy, presidente e CEO di IAI, che è stato nominato al posto di coinvolto nello sviluppo del sistema di difesa aerea Barak 8. (MRSAM fa parte della famiglia Barak.)

 
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